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Il Goleto è un’area rurale a circa 600 metri di altitudine, in prossimità delle sorgenti del fiume Ofanto, al confine tra i comuni di Sant’Angelo dei Lombardi, Nusco e Lioni.
Agli inizi del XII secolo, il giovane eremita Guglielmo, diretto in Terra Santa, dopo i pellegrinaggi a Santiago di Compostela e a Roma, seguendo la via Appia si fermò in Irpinia, fondando prima l’abbazia di Montevergine e poi la cittadella monastica del Santissimo Salvatore, qui al Goleto, a partire dal 1133. Guglielmo, per edificare quest’ultima, aveva ricevuto in dono un vasto terreno da Ruggero, signore normanno della vicina Monticchio. Il complesso fu realizzato in buona parte col riutilizzo del materiale di spoglio del preesistente insediamento di epoca romana appartenuto a Marcus Paccius Marcellus. Ai lati della chiesa primigenia, sorse un innovativo ‘doppio monastero’, con due ali e due chiostri, di cui il più grande destinato alle monache. Nella costituita comunità religiosa, l’autorità suprema era rappresentata dalla ‘badessa’, mentre ai monaci erano affidati il servizio liturgico e i lavori manuali. Guglielmo non raggiunse la Terra Santa ! Morì in Irpinia, qui al Goleto, il 24 giugno 1142. A 800 anni dalla sua morte, nel 1942, Pio XII lo proclamò Patrono Primario dell’Irpinia. (A.V.)
Il Santuario di Montevergine sorge nel cuore dell’Irpinia. A 1.263 metri di altitudine, domina la valle del fiume Sabato. È un luogo di profonda spiritualità, da secoli meta di pellegrinaggi.
La storia di Montevergine è legata a Guglielmo da Vercelli che la fondò e costruì con le sue mani nel 1124, 900 anni fa. A Guglielmo si deve la costruzione di una chiesa dedicata al culto della Madonna, ancora oggi meta di pellegrinaggio, e la fondazione della congregazione verginiana.
L’Abbazia di Montevergine è raggiungibile a piedi (da Mercogliano o da Ospedaletto, attraverso il sentiero devozionale della Juta (coincide col Cammino di Guglielmo); una strada carrabile, con stretti e numerosi tronanti, collega l’abbazia con l’uscita autostradale Avellino ovest, sulla A3 Napoli-Bari.
Consigliamo di salirvi con la bella funicolare, costruita nel 1926 e inaugurata nel 1956; in soli 1.670 metri di lunghezza copre un dislivello di ben 734 metri, con un'inclinazione compresa fra i 43 e i 63 gradi. Si parte dal centro di Mercogliano e in 7 minuti raggiunge l’abbazia tra castagneti e spuntoni calcarei, con magnifici scorci panoramici sulla vallata e sull'abbazia di Loreto.
Dalla ‘Legenda della vita del Santo’ apprendiamo che il giovane Guglielmo, dopo essere giunto in Irpinia e fermato presso Atripalda (Av), nel 1118 salì sul monte sovrastante Mercogliano (Av), eleggendolo a luogo ideale per condurre una vita solitaria e farne un rifugio di pace e spiritualità. Qui, in prossimità di una sorgente e delle rovine di un tempio della dea pagana Cibele, Guglielmo costruì una piccola cappella dedicata a Maria Vergine; presso questa cappella san Guglielmo stabilì la sua dimora. Presto la sua fama si diffuse nella zona e molti accorsero a visitare il santo anacoreta. Attorno a lui, sul Monte della Vergine, si formò una comunità di cercatori di Dio, ai quali Guglielmo dette una Regola di vita ispirandosi alla ‘Regula monasteriorum’ di san Benedetto. La Congregazione dei Monaci di Montevergine si diffuse rapidamente nell’Italia meridionale. Prese quindi vita il Santuario mariano più vasto e importante del Sud-Italia dove si venera tuttora la ‘Madonna di Montevergine’ o ‘Mamma Schiavona’.
Montevergine è riportata molte volte nella ‘Legenda’; vi sono narrati anche alcuni miracoli. Seguono i titoli dei paragrafi riportati in ‘Episodi della vita di San Guglielmo’, opera di Giovanni Mongelli O.S.B.: L’orso che intorbida l’acqua’, ‘Costruzione della prima chiesa’, ‘L’episodio del ligure Gualtiero’, ‘La leggenda delle colombe’, ’La guarigione di una donna muta’, e – sicuramente l’episodio più famoso –: ‘La leggenda del lupo e dell’asinello’.
Benevento, si trova nell'entroterra appenninico della Campania, a 135 metri di altitudine, alla confluenza tra due fiumi provenienti dall’Irpinia: il Calore e il Sabato. Ha una popolazione di 55.000 abitanti. È stata un importante snodo viario nell'Italia centromeridionale antica.
In età preromana, con il nome osco di Malventum, fu forse l'insediamento più rilevante della tribù sannitica degli Irpini. I Romani, nel 275 a.C., dopo la vittoria su Pirro, la rinominarono Beneventum divenendo il primo stanziamento di coloni romani con diritto latino. Era attraversata dalla via Appia e fu scelta da Traiano, nel 114 d.C., come punto di partenza della via Traiana, alternativa al percorso dell’Appia verso gli imbarchi della Puglia.
Il comune di Chiusano di San Domenico è situato alle pendici del Monte Tuoro, nella media Valle del fiume Calore, a 700 metri di altitudine; conta circa 2200 abitanti. L'etimologia del nome derivare dal nome latino di persona Clasius, a cui si aggiunge il suffisso -anus; l'aggiunta "San Domenico" è successiva e si riferisce non al patrono del paese, ma al santo a cui è dedicata la chiesa sull’alto della Ripa.
La fondazione dell’Eremo di Santa Maria della Valle, detto anche di S. Guglielmo, potrebbe risalire tra il 1128, anno della partenza di Guglielmo da Montevergine e prima del 1133, anno di fondazione del Goleto. Attualmente, l’eremo è costituito da due corpi di fabbrica di epoca e stili diversi. Il più antico, è a base quadrata e sormontato da una cupola; il più recente invece è a cielo aperto ed è costituito come una navata unica di chiesa con quattro archi a tutto sesto per lato. Questa parte che risale alla fine del sec. XVI fu costruita come cimitero dei confratelli e sorelle della congrega della Buona. ll complesso fu restaurato dalla Soprintendenza di Salerno e Avellino a seguito dei danni inferti dal terremoto del 1980. Sulla parete di fondo della piccola chiesa, un affresco raffigurante la Madonna con il Bambino, ascrivibile alla prima metà del Cinquecento, ricorda al passante che: “chi si rivolge a Lei con fede pura e sincera, Lei è generosa di grazie e favori”.
Notizie geografiche e storiche
L’Altopiano del Lago Laceno, a circa 1.000 metri di altitudine, è una straordinaria area naturalistica caratterizzata da un lago di origine carsica, un comprensorio sciistico e da un’estesa e curata rete sentieristica; vi si trovano numerosi alberghi e punti di ristoro.
La Grotta di S. Guglielmo (meta di arrivo della Tappa 4 del Cammino), il lago carsico, le grotte del Caliendo (necessita attrezzatura speleologica); si segnalano come attrezzature di interesse turistico: la sentieristica montana, il maneggio e la seggiovia che porta sul monte Rajamagra.
Il Laceno merita un soggiorno prolungato per godere, attraverso escursioni guidate, delle numerose e ampie viste sui monti che circondano il lago carsico. Si segnala, in particolare, il monte Cervialto (1.809 m.s.l.m.) che è la vetta maggiore dei Monti Picentini e la quarta cima della Regione Campania. Dalla sommità si vedono sia il mare Adriatico (Barletta e il Gargano) che il Tirreno (da Paestum al golfo di Napoli).
Il comune di Rocca San Felice è nella valle d’Ansanto, alle sorgenti del piccolo fiume Fredane, affluente del Calore; ha un’altitudine di 750 m e conta 850 abitanti. Da lontano se ne vede il castello, sorto nel XII secolo incorporando precedenti strutture difensive. Nel borgo, il piccolo Museo civico 'Don Nicola Gambino' espone reperti dalla preistoria al medioevo.
Merita senz’altro una visita il borgo storico, ben restaurato dopo il terremoto del 1980; nella piazzetta d’ingresso è il vetusto ‘albero della libertà’, piantato dai napoleonici agli inizi dell’800 in seguito alla Rivoluzione francese; alla base è un bel sedile ottagonale in pietra locale. Si prosegue con una passeggiata fino al Castello, in alto della rocca da cui è una bella vista di paesaggio sulla Valle del Fredane. Da non perdere il piccolo ma interessante Museo civico dove si può conoscere lo ‘Xoanon’, un’arcaica scultura cultuale in legno, rinvenuta nel sito della Dea Mefite, a poca distanza dal borgo.
Pierno è una frazione abitata del Comune di S. Fele (Pz), in Basilicata, su un piccolo pianoro a 960 metri di altitudine; è un luogo montano, roccioso, ricco di sorgenti e di boschi di castagno. Qui è la bella Badia di Santa Maria di Pierno che la tradizione vuole fondata da San Guglielmo da Vercelli intorno al 1139 a seguito del ritrovamento, in un anfratto del monte Pierno, di una statua della Madonna nascosta precedentemente da eremiti basiliani del vicino monte Santa Croce. Il santuario venne consacrato nel 1221; successivamente, nel 1456, a seguito di un terremoto, la statua della Madonna fu trasferita in altro luogo ma da lì scomparve per riapparire di nuovo a Pierno. In seguito a questo evento miracoloso fu ricostruita la chiesa col convento. L'interno, di stile romanico, è a tre navate; il complesso è stato restaurato a seguito dei danni inferti dal terremoto del 1980.
Sulle propaggini settentrionali del massiccio vulcanico del Vulture, in Basilicata, a 530 metri di altitudine con 17.000 abitanti, lungo l’Appia, Melfi domina la Capitanata meridionale e la Terra di Bari. Fondata all'inizio dell'XI sec. dai bizantini, dopo l'insediamento dei normanni, fu considerata la "capitale morale della conquista della Puglia", dove si svolsero le assemblee e i sinodi più importanti. Fu, accanto a Venosa, Troia e Salerno, una delle quattro "ducales urbes" del ducato di Puglia. In epoca normanno-sveva Melfi era la città più grande della Basilicata e ospitava comunità di mercanti amalfitani e di ebrei. Nel 1153 il Re Ruggiero II fece costruire a Melfi il campanile della cattedrale che, con i suoi leoni, simboli del potere regio, doveva esortare la popolazione all'ubbidienza. Federico II risiedette a Melfi a più riprese, dal 1230 fino al 1247; nel periodo estivo, quando il caldo nel Tavoliere diventava insopportabile, l'imperatore Federico II vi si ritirava spesso, trovano frescura e un ambiente ideale per la caccia. Durante il soggiorno più lungo di Federico II a Melfi, dal 26 maggio al 10 settembre 1231, furono redatte e promulgate le celebri ‘Constitutiones’, dette comunemente Costituzioni di Melfi, la sintesi delle culture giuridiche dell’epoca normanno-sveva e codice legislativo del Regno di Sicilia. Riguardo al Castello, Federico II consolidò il preesistente nucleo normanno (corrispondente all'attuale Museo archeologico nazionale) e fece innalzare tre nuove torri (la Torre del Marcangione, la Torre dei Quattro Venti e la Torretta ‘parvula’.
Venusia, fondata al confine tra l’Apulia e la Lucania, a 415 metri di altitudine con 12.000 abitanti, è una città dalle profonde radici storiche ma è nota soprattutto grazie a Orazio e all’Appia. Fu occupata dai Romani nel 291 a seguito della vittoria sui Sanniti. Dopo la battaglia di Canne, nel 217 vi si rifugiò lo sconfitto Terenzio Varrone. Fiorì durante tutto l’impero, per poi venire saccheggiata dai saraceni nel IX sec. Dopo la conquista dei Normanni riacquistò l’antica importanza militare. Ha una storia lunga e interessante come provata dal suo piccolo centro storico e dai siti archeologici dei dintorni, tra i quali quello di Notarchirico dove è stato rinvenuto il femore di un esemplare di Homo erectus, vissuto circa 300.000 anni fa. Il Parco archeologico, poco fuori l’abitato, reca evidenza dell’antica colonia romana di Venusia, sulla via Appia, fondata lì dove in precedenza era già un centro abitato da comunità apule, e nota per aver dato i natali all’illustre poeta latino Orazio.
Nel cuore della Basilicata, a cavallo tra le province di Potenza e Matera si estende per quasi 30 mila ettari, il Parco Naturale Regionale Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane. Istituito nel 1997, è noto soprattutto per le spettacolari forme dolomitiche aguzze dove sono abbarbicati be centri storici, in particolare come quelli di Castelmezzano e di Pietrapertosa uniti tra loro dal ‘Volo dell’Angelo’.
La superficie del parco è ricoperta quasi interamente dalla foresta di Gallipoli Cognato e dal Bosco di Montepiano, formato da imponenti esemplari di cerro, odorosi tigli, peri e meli selvatici, aceri, ontani e il raro agrifoglio, mentre alle quote più basse, si estende la macchia mediterranea. In primavera ci si incanta di fronte al suggestivo spettacolo offerto dalla fioritura dei ciclamini, delle anemoni e delle viole.
Alla varietà di vegetazione del Parco Regionale Gallipoli Cognato fa eco una diversità di specie faunistica, oltre a mammiferi, quali lupi, tassi, istrici, gatti selvatici e cinghiali, sono presenti anche alcuni anfibi, come il tritone Italico e la salamandrina dagli occhiali. Nel parco nidifica inoltre la cicogna nera ed è facile osservare in volo diversi grandi rapaci, come il falco pellegrino, la poiana e il nibbio.
Nella ‘Legenda della vita del santo Guglielmo’ numerose sono le citazioni, i luoghi e i miracoli relativi, in particolare, al Monte Cognato. Le attuali tracce toponomastiche ci portano nel territorio del Parco regionale Gallipoli Cognato –Piccole Dolomiti Lucane, in Basilicata; in particolare, nella località Palazzo del comune di Accettura (Mt), nell’alto dei boschi di Gallipoli Cognato, vi sono importanti tracce e ambienti di un insediamento monastico basiliano, risalente al XI sec., passato poi alle monache benedettine. Da quanto si legge nella presentazione del Parco, intorno al 1123 questo luogo ospitò San Guglielmo. Qui, a Gallipolis (Accettura), fondò una chiesa (Santa Chiara) e l’annesso Monastero di S. Maria di Serracognata che passò poi alle Clarisse; successivamente, con l’Unità€ d’Italia, il complesso passò al demanio dello Stato. Il vecchio orto del monastero ospita oggi l’Orto botanico.