Cookie alert
Dell’altare maggiore, posto al centro del presbiterio, rimane parte del nucleo portante di muratura che sorreggeva il rivestimento costituito da pannelli in marmo policromi di scuola napoletana, probabilmente su disegno dello stesso Vaccaro. Aveva una dimensione ampia, correlata all’imponenza della chiesa. A seguito della soppressione del complesso monastico del Goleto, avvenuta per editto napoleonico del 1807, l’altare fu smontato, trasportato nella cattedrale di Sant’Angelo dei Lombardi e riutilizzato come altare maggiore. Dopo il terremoto distruttivo del 1980, è stato rimontato sulla parete destra del transetto. A seguito dei restauri della cattedrale che hanno fatto seguito al distruttivo terremoto del 23 novembre 1980, al momento della riapertura al culto, nel 1999 l’altare fu rimontato nella posizione in cui si trova tuttora: al termine della navata destra, in prossimità dell’ingresso alla sacrestia. Nella forma attuale, purtroppo, è privo di alcuni elementi che furono trafugati dopo il terremoto; in particolare manca il tabernacolo originario e le due volute marmoree laterali. Una grande tela era inoltre disposta sull’asse centrale della chiesa del ‘Vaccaro con la figura del Redentore ovvero di Gesù Salvatore, opera di Domenico Antonio Vaccaro; attualmente è conservata nella Cattedrale di S. Angelo dei Lombardi, nel transetto a destra, sopra la porta della sacrestia.
L’Abbazia del Goleto ha condiviso le difficili sorti di tanti piccoli centri abitati in una terra appenninica e ballerina. Danni notevoli al complesso abbaziale furono riportati a seguito dei terremoti distruttivi dell’8 settembre 1694 e del 29 novembre 1732; poi del 29 gennaio 1733 (terremoto di Calabritto) e del 12 giugno 1794 (con epicentro Ariano); e poi ancora del 9 aprile 1853 e del 25 gennaio 1893 (che colpì particolarmente la Lucania). Per ultimo, il terribile terremoto del 23 novembre 1980 che, nonostante l’immane tragedia ha avuto il merito di riportare l’attenzione su un bene monumentale di primaria importanza (grazie in particolare alla presenza attiva di P. Lucio M. De Marino), dando vita ad un lungo processo di recupero e di valorizzazione, attuato in 3 campagne di restauro e in buona parte in via di conclusione 44 anni dopo.